martedì 18 agosto 2015

Sangue e Arena

Freidor ti ha incornato
Freidor è morto e tu quasi
liberamente tratto da ilFoglio


Tu caro amico mio sei intabarrato nel traje de luces, quel tuo abito azzurro ricamato di fili d’oro prezioso, come si confà ad un torero del tuo rango.

Il fido mozos de espadas ti ha amorevolmente aiutato a indossare la chaquetilla che avvolge il tuo petto, e la taleguilla che esalta la forma delle tue gambe.
Hai chiesto alla Vergine della Macarena di Siviglia, di esserti accanto, le hai affidato il tuo destino, come sempre. 
Manca poco, la banda inizia solennemente a suonare un paso doble.
L'amore. La vita. La morte.
Ti guardi allo specchio, i tuoi occhi brillano come una lama di Toledo, 
sei una maschera guerriera iberica,
muscoli e sangue andaluso,
zigomi e mascella come le rocce dei Pirenei,
capelli d'aquila corvina,
sei una freccia scoccata nell'aria,
tu fai innamorare le fanciulle.
E' giunta l'ora
la Plaza de toros di Huesca è tutta per te.
Sei un figlio della leggenda
Sei un torero, sei un matador,
sei Francisco Rivera Ordonez
tu sei "Paquirri".
E' giunta l'ora, sangue e arena.
Ti levi il cappello, la montera nera, saluti il pubblico
Gli applausi ti innondano come petali di rosa sui tuoi passi.
E' bella la plaza de toros de Huesca,
fu innaugurata nel '29
e ora come un colpo di spada la memoria va a tuo nonno
Antonio Ordonez
sta matando in compagnia di Luis Miguel Dominguin,
mentre un americano con la barba scrive sul suo Moleskine,
scrive, fuma, ride e tracanna bottiglie di rosso Rioja,
si chiama Ernest.
Il lampo dei ricordi è passato
 è giunta l'ora,
ti levi anche il capote de paseo.
D'ora in avanti, l'arena è solo per
Paquirri e Freidor.
Il toro pesa 455 chili di muscoli e furore,
è un buon toro da corrida, e tu pensi:
"gli donerò l'onore che merita, la morte".
Il mondo diventa vermiglio mentre volteggi la tua capa
si innalza la musica al cielo
a scandire i tuoi rituali movimenti,
le mosse, le incornate a vuoto, le giravolte, i passi avanti e indietro.
Sangue e Arena
Ma ancora un colpo di spada ti acceca nel ricordo
Una luce fulminante sull'arena di Pozoblanco,
anche là c'erano un toro e un torero
erano tuo padre Francisco Rivera Ordonez e Avispado.
Era il 26 settembre 1984, anche allora giunse il momento del "tercio de varas"
Francisco Rivera rotea la capote, la pesante e larga cappa gialla e rosa.
E' il momento più poetico e ricco di figure, e
"Paquirri" è la leggenda dell'Arena, è
il Francisco Goya del capeando.
Conosce tutte le figure: la Chiquelina, la Mariposa e
mentre la folla in delirio applaude
così improvvisamente dal nulla
Avispado lo carica.
Si consuma tutto in un giro fatale di polso.
Un attimo e le corna lo penetrano, lo sollevano, lo roteano in aria, il suo corpo è in balìa di una forza mitologica, sovrumana, quintali di rabbia, muscoli, potenza e morte.
Paquirri lascia così per sempre l'arena e con gli occhi sempre più lontani e liquidi immagina la sua bellissima bellissima
Isabel Pantoja
cantargli per l'ultima volta
la "Pasion y Deseo"
mentre il tuo volto gli appare
come un bagliore
sulla carretera che lo conduce a Cordoba
dove non arriverà vivo.
Tutta la Spagna piange "Paquirri" e tu
improvvisamente scopri chi sei e quale è, e, sarà il tuo destino
e davanti a te c'è il crudo e unico significato di
"Morte nel pomeriggio", la verità del tuo sangue,
sarai anche tu un torero.
Come tuo padre, come tuo nonno, come tuo zio.
Toros. Olè!


Ventisette anni dopo, per quel bambino è di nuovo la stessa ora
senza ombra nell'alba come nel tramonto,
la "Morte nel pomeriggio" arriva sempre 
a la cinco de la tarde
ora davanti a te c'è un toro di nome Freidor.
Tu pensi che per lui non sia ancora giunta la sua ora,
lui pensa che per te forse la tua ora è giunta.
Lasci trascorre il tempo pensi che non sia ancora 
l'ora
di penetrarlo con la spada, tra le scapole, e dargli la sua morte fulminante.
No, matare è un'arte e nell'arena di Huesca riconoscono il tuo talento
come il falco che sfrutta le correnti ascensionali del vento.
La plaza de toros è un luogo che ribolle di pathos ma dove in realtà
la freddezza è l'essenza del tutto.
Perché nell'arena non si bara.
Hemingway lo scrive sulle pagine di "Morte nel pomeriggio"

Tutti i segni esteriori di supposto pericolo dati da un toro, come lo scalpitare, il minacciare con le corna o muggire, sono un bluff.
Il toro veramente coraggioso non dà avviso prima di caricare, eccetto il fissare negli occhi il nemico, tende i muscoli del collo, contrae un orecchio e alza la coda nell'attimo della carica.
Un toro veramente coraggioso non apre mai la bocca, non fa nemmeno uscire la lingua durante il combattimento, e alla fine, con la spada in corpo, fissa il torero finchè gli reggono le zampe, con la bocca serrata, per non far uscire il sangue.

Ora Francisco tu sei Paquirri
e hai davanti a te Freidor.
Non si agita. Ti fissa negli occhi.
E' davvero un toro coraggioso, forse troppo.
Freidor è imprevedibile, non come quelli sembrano correre su rotaie, avanti e indietro, lui è un vero toro da combattimento.
Pozoblanco Hueva. Andata e ritorno.
Come 26 anni fa, come tuo padre,
mostri la cappa al toro
lo chiami alla carica
muovi leggermente il drappo porpora e giallo
ti sposti sulle gambe piano
senza mai staccare i piedi da terra
senza mai staccare glio occhi dal toro.
Ora.
Ora Freidor sta arrivando, non dritto, no
arriva di sbieco, di rincorsa poi all'improvviso
curva alla tua destra ignorando la cappa,
è un istante
e tu Paquirri gli mostri il fianco scoperto.
Ora l'arena intuisce esattamente quello che sta per accadere
le corna di Freidor stanno recidendo le tue arterie
non avverti ancora dolore, l'adrenalina te lo placa, ma ti senti sollevare
impotente ad ogni gesto
una sensazione che sospettavi ma non conoscevi
tutto in te si sta lacerando: muscoli, ossa, organi vitali.
Il tuo corpo ora è un tronco d'albero trascinato dalla bufera,
una furia primitiva e arcaica sta bussando morte alla porta della tua vita.
Freidor ti trascina sotto di se per poi innalzarti di nuovo al cielo.
Ti calpesta, ti incorna, ti squarta, 
e tu sai che quel turbine di muscoli vuole finirti.
Il tuo cuore impazzito pompa sangue a mille, 
e il tuo sangue esce a fiotti da ogni dove,
il tuo cervello sempre più annebbiato cerca di dare comandi ordini e istruzioni
che non possono più arrivare alle periferie del tuo corpo 
così insultato.
Freidor ti ha ingannato, preceduto, colpito e infilzato
e ora vuole farti a pezzi.

"solo il toro ha il cuore alto
alle cinque della sera"

Che dannato pomeriggio è mai questo del 
10 d'agosto!
Huesca è un santuario di silenzio
e tu Paquirri esci di scena
sanguinante come tuo padre,
questa è la tua storia e quella della tua famiglia,
ma la corrida continua ed El Fandi che da Siviglia a Malaga
ha toreato in maniera straordinaria, 
qui su questa arena insanguinata
ha ucciso Freidor.

E per te amato Paquirri
dedico questi versi:

"Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
L'insigne maturità della tua conoscenza.
Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria.
Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così chiaro
così ricco d'avventura.
Io canto la sua eleganza con parole che gemono
e ricordo una brezza triste negli ulivi"

Freidor è stato un buon toro e
Sarà sempre Fiesta


martedì 23 giugno 2015

Un Wall per scrivere, imbecillità



Spesso sento ripetere retoricamente 
"ma come facevamo quando non c'era il cellulare, non vivevamo bene lo stesso?"
Vero verissimo, anche senza il condizionatore in auto, il riscaldamento centralizzato, il bagno in casa...
Come sempre il problema non è l'esistenza della materia: pietra scheggiata, polvere da sparo o uranio impoverito, ma l'uso improprio che se ne fa.
A me piace la televisione, anche se non la guardo, come mi piace un ottimo cubano, anche se non lo fumo, corteggiare una bella donna anche se non l'avrò mai, avere in casa l'intera enciclopedia Treccani, non la leggerò mai, ma il solo possesso mi eccita.
Poco mi interessa la mia vita, meno ancora quella degli altri, non amo le domande, ritengo superflue le risposte. Ero in rianimazione e il cardiologo mi chiedeva come stavo, gli risposi: "Se non lo sa lei!" Non venne più a visitarmi. Qualcuno dice che non sono un comunicatore, non è vero, anzi la comunicazione, quella vera, si basa sui concetti essenziali di immediatezza, rapidità, esaustività, necrosi. Qualunque notizia, cessa di vivere nel momento stesso che viene lanciata, perde di attualità (immediatamente appartiene al passato), perde di veridicità (immediatamente viene confutata e contestata),  perde di interesse (who, when, where, what? Boh!). Scriveva il Sig. G.
"Il Giudizio Universale non passa per le case e gli Angeli non danno appuntamenti, bisogna ritornare nella strada, nella strada per conoscere chi siamo!"
Ecco appunto, era il 1974, anno di luce, di idee, di sogni e di illusioni, anni di cattivi maestri e di ingenui allievi, anni di amori semplici, di rapporti felici, di gioie sessuali, di mordi e fuggi perché tanto "Vogliamo tutto e subito", ma già in quegli anni la paura di chiudersi nelle case, era forte. L'autocelebrazione del proprio pensiero era la maggiore minaccia verso la socializzazione, il confronto, l'apertura alle idee.
Oggi internet è uno strumento fondamentale per creare false identità, amicizie inesistenti, coiti virtuali, convivenze virtuali, perché la vita virtuale è certamente la più facile e duratura, rasenta l'eternità e se qualcuno non scrive: "scusate non taggatemi più, non postate più sul mio profilo perché sono morto", amicizie e amori possono durare secoli, millenni.  Internet nel guinness della conoscenza superficiale ha superato quello delle religioni, dove tutto viene assunto attraverso ogni tipo di orifizio, memorizzato, digerito ma non espulso, perché ogni cosa imparata per "sentito dire" diventa sacra ed inossidabile nel tempo. Internet è la realizzazione di un sogno: la diffusione globale della notizia, compresa soprattutto quella commerciale trasversale, di comunicazione immediata e di immediata scomparsa, è la democrazia dell'ignoranza e del facile apprendimento, del poter dire "lo so",  l'ho verificato lì, un mondo di wikilaureati!  
Su facebook leggo di uno che si lamenta dell’inefficienza dei servizi pubblici in Italia, l’ennesima foto sul malcostume e sul degrado, l'immancabile selfie della milf scosciata in cerca di senili brividi, il post con cui un mio amico annuncia il suo divorzio, l'anniversario della morte o scomparsa di un genitore di uno che non so chi cazzo sia, un cartolinesco tramonto ad Abu Dhabi, un Martini sulla terrazza del Mandarin. Con facebook ognuno può fare invidia ai suoi amici mostrando ciò che fa, ma soprattutto ciò che non fa, ciò che vorrebbe fare, che vorrebbe essere e che non sarà mai.

Umberto Eco riguardo a internet, ha detto:
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

E' certo che su facebook, e non solo, vengano pubblicati post altamente banali e inutili quando va bene, o peggio  di stampo xenofobo, che inneggiano alla guerra o allo stupro, trasformando il mezzo dalla lavagna per idioti al meretricio del tatzebao, e se qualcuno pensa che questo sia il mezzo più democratico che ci sia che permette a tutti (idioti compresi) di esprimere il proprio pensiero, spesso malato, si sbaglia. Non che con questo si voglia spezzare una lancia verso la stampa libera che libera non è, colta che colta non è, gli stessi giornalisti sono spesso vittime di se stessi o degli editori che mantengono loro e i loro figli (peraltro sempre peggio), ma certo è che anche solo la momentanea esistenza (di qualche ora al massimo) di un foglio di giornale, riportante una firma in calce, fa assumere all'autore una patente di responsabilità, anche se vissuta all'interno di una unità sanitaria protetta, ma pur sempre una paternità.
Eco prosegue:
La tv aveva promosso lo scemo del villaggio, rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Internet ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità“.
Ca va sans dire, è vero i tempi cambiano, la comunicazione si evolve, i muri crollano soprattutto quelli sui quali era giusto, giustissimo scriverci sopra, oggi quei muri sono crollati. Altri muri sono stati eretti e subito eletti a grandi schermi sui quali ognuno possa scrivere quello che vuole, soprattutto le sue imbecillità private, purtroppo.