Spesso sento ripetere retoricamente
"ma come facevamo quando non c'era il cellulare, non vivevamo bene lo stesso?"
Vero verissimo, anche senza il condizionatore in auto, il riscaldamento centralizzato, il bagno in casa...
Come sempre il problema non è l'esistenza della materia: pietra scheggiata, polvere da sparo o uranio impoverito, ma l'uso improprio che se ne fa.
A me piace la televisione, anche se non la guardo, come mi piace un ottimo cubano, anche se non lo fumo, corteggiare una bella donna anche se non l'avrò mai, avere in casa l'intera enciclopedia Treccani, non la leggerò mai, ma il solo possesso mi eccita.
Poco mi interessa la mia vita, meno ancora quella degli altri, non amo le domande, ritengo superflue le risposte. Ero in rianimazione e il cardiologo mi chiedeva come stavo, gli risposi: "Se non lo sa lei!" Non venne più a visitarmi. Qualcuno dice che non sono un comunicatore, non è vero, anzi la comunicazione, quella vera, si basa sui concetti essenziali di immediatezza, rapidità, esaustività, necrosi. Qualunque notizia, cessa di vivere nel momento stesso che viene lanciata, perde di attualità (immediatamente appartiene al passato), perde di veridicità (immediatamente viene confutata e contestata), perde di interesse (who, when, where, what? Boh!). Scriveva il Sig. G.
"Il Giudizio Universale non passa per le case e gli Angeli non danno appuntamenti, bisogna ritornare nella strada, nella strada per conoscere chi siamo!"
Ecco appunto, era il 1974, anno di luce, di idee, di sogni e di illusioni, anni di cattivi maestri e di ingenui allievi, anni di amori semplici, di rapporti felici, di gioie sessuali, di mordi e fuggi perché tanto "Vogliamo tutto e subito", ma già in quegli anni la paura di chiudersi nelle case, era forte. L'autocelebrazione del proprio pensiero era la maggiore minaccia verso la socializzazione, il confronto, l'apertura alle idee.
Oggi internet è uno strumento fondamentale per creare false identità, amicizie inesistenti, coiti virtuali, convivenze virtuali, perché la vita virtuale è certamente la più facile e duratura, rasenta l'eternità e se qualcuno non scrive: "scusate non taggatemi più, non postate più sul mio profilo perché sono morto", amicizie e amori possono durare secoli, millenni. Internet nel guinness della conoscenza superficiale ha superato quello delle religioni, dove tutto viene assunto attraverso ogni tipo di orifizio, memorizzato, digerito ma non espulso, perché ogni cosa imparata per "sentito dire" diventa sacra ed inossidabile nel tempo. Internet è la realizzazione di un sogno: la diffusione globale della notizia, compresa soprattutto quella commerciale trasversale, di comunicazione immediata e di immediata scomparsa, è la democrazia dell'ignoranza e del facile apprendimento, del poter dire "lo so", l'ho verificato lì, un mondo di wikilaureati!
Su facebook leggo di uno che si lamenta dell’inefficienza dei servizi pubblici in Italia, l’ennesima foto sul malcostume e sul degrado, l'immancabile selfie della milf scosciata in cerca di senili brividi, il post con cui un mio amico annuncia il suo divorzio, l'anniversario della morte o scomparsa di un genitore di uno che non so chi cazzo sia, un cartolinesco tramonto ad Abu Dhabi, un Martini sulla terrazza del Mandarin. Con facebook ognuno può fare invidia ai suoi amici mostrando ciò che fa, ma soprattutto ciò che non fa, ciò che vorrebbe fare, che vorrebbe essere e che non sarà mai.
Umberto Eco riguardo a internet, ha detto:
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
E' certo che su facebook, e non solo, vengano pubblicati post altamente banali e inutili quando va bene, o peggio di stampo xenofobo, che inneggiano alla guerra o allo stupro, trasformando il mezzo dalla lavagna per idioti al meretricio del tatzebao, e se qualcuno pensa che questo sia il mezzo più democratico che ci sia che permette a tutti (idioti compresi) di esprimere il proprio pensiero, spesso malato, si sbaglia. Non che con questo si voglia spezzare una lancia verso la stampa libera che libera non è, colta che colta non è, gli stessi giornalisti sono spesso vittime di se stessi o degli editori che mantengono loro e i loro figli (peraltro sempre peggio), ma certo è che anche solo la momentanea esistenza (di qualche ora al massimo) di un foglio di giornale, riportante una firma in calce, fa assumere all'autore una patente di responsabilità, anche se vissuta all'interno di una unità sanitaria protetta, ma pur sempre una paternità.
Eco prosegue:
“La tv aveva promosso lo scemo del villaggio, rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Internet ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità“.
Ca va sans dire, è vero i tempi cambiano, la comunicazione si evolve, i muri crollano soprattutto quelli sui quali era giusto, giustissimo scriverci sopra, oggi quei muri sono crollati. Altri muri sono stati eretti e subito eletti a grandi schermi sui quali ognuno possa scrivere quello che vuole, soprattutto le sue imbecillità private, purtroppo.
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
E' certo che su facebook, e non solo, vengano pubblicati post altamente banali e inutili quando va bene, o peggio di stampo xenofobo, che inneggiano alla guerra o allo stupro, trasformando il mezzo dalla lavagna per idioti al meretricio del tatzebao, e se qualcuno pensa che questo sia il mezzo più democratico che ci sia che permette a tutti (idioti compresi) di esprimere il proprio pensiero, spesso malato, si sbaglia. Non che con questo si voglia spezzare una lancia verso la stampa libera che libera non è, colta che colta non è, gli stessi giornalisti sono spesso vittime di se stessi o degli editori che mantengono loro e i loro figli (peraltro sempre peggio), ma certo è che anche solo la momentanea esistenza (di qualche ora al massimo) di un foglio di giornale, riportante una firma in calce, fa assumere all'autore una patente di responsabilità, anche se vissuta all'interno di una unità sanitaria protetta, ma pur sempre una paternità.
Eco prosegue:
“La tv aveva promosso lo scemo del villaggio, rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Internet ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità“.
Ca va sans dire, è vero i tempi cambiano, la comunicazione si evolve, i muri crollano soprattutto quelli sui quali era giusto, giustissimo scriverci sopra, oggi quei muri sono crollati. Altri muri sono stati eretti e subito eletti a grandi schermi sui quali ognuno possa scrivere quello che vuole, soprattutto le sue imbecillità private, purtroppo.

Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.