giovedì 20 settembre 2012

La silente comunicazione



Neppure nel grembo materno esiste il silenzio, perchè in natura il silenzio non esiste. Qualcuno parla a volte del silenzio della campagna, io lo correggerei precisando la sua assenza di sensibilità d'ascolto. Occorre ascoltare la musica scrosciante della pioggia, la danza delle gocce sui sassi o sopra i marciapiedi, suoni a cui non siamo abituati perchè assordati dall'eterno rumore dell'esistere. Si perchè la vita ci ha abituati ad una tesi: per dimostrare la nostra esistenza dobbiamo creare rumore impedendoci così l'ascolto, ma ascoltare vuol dire prestare attenzione, perciò maggiore è il rumore che provochiamo e minore sarà l'attenzione che presteremo al mondo che ci circonda, natura e umani compresi. E' questa la nuova legge anche della comunicazione, l'urlo di Munch non è più un segno di disperazione ma un Urlo Muto perchè nessuno più ascolta la disperazione del proprio vicino. Comunicare vuol dire urlare? Parrebbe di si: urlano i manifesti sulle strade, urla la politica, urlano tutti i mezzi di comunicazione: anche i giornali, si anche la carta stampata riesce a urlare con i titoli in grassetto a cinque o nove colonne.
Spesso si confonde il termine silenzio con l'ordine 
"fare silenzio": ssssss.... silentium
Ma il silenzio non esiste neppure quando ci chiudiamo di notte nel luogo più nascocto ed afono della casa, in quell'attimo capiamo che l'esplosine dei pensieri che non comandiamo e non sappiamo far tacere possono tramutarsi in gioia, giubilo o disperazione. 
Ha scritto il fisico e matematico Max Planck: 
"più conosco e più mi trovo davanti al mistero del silenzio che si tramuta in giubilo"
E ancora il mistero del silenzio lo ritroviamo nella gioia di scoprire che non è il tanto temuto "nulla" ma semplicemente il limite di ogni nostro pensiero logico e di ogni disordine della mente e il punto più profondo dove si manifesta il nostro essere o la presenza di un grande architetto dell'universo. 
La cosa più difficile dell'uomo è far tacere la mente.
Scrive il Maestro Zen: “il Silenzio è la condizione essenziale per raggiungere la felicità dello stare insieme”. 
E ancora: “il primo grado d’espressione della saggezza è saper tacere, il secondo saper parlare poco e moderatamente, il terzo è saper parlare molto ma senza parlare nè male nè molto”. 
Possiamo quindi dedurre che il Silenzio è una espressione autista? Una mia personale interpretazione dell’autismo che nulla ha che a vedere con il mutismo, perché non si limita all’astensione della comunicazione solo perchè assente di parola, ma si esprime come una purificazione della mente che si deve sperimentare a gradi pervenendo alla comprensione del suono, alla felicità di condividere il silenzio. E’ un lento processo implosivo, un’esperienza che dall’esterno ci conduce ai livelli più profondi di noi stessi, un’apnea catalizzante, catartica e colassante ma che porta al Giubilo della ripresa di una respirazione non solo esoterica. 
Come scriveva, nel 1770 l’Abate Dinouart: “E’ bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del Silenzio.
Ma l'illuminato muto che legge un libro ha comunque voce in capitolo? E le Credenze degli antichi erano solo di legno, come lo sono normalmente per i profani? Ora se la salma è la virtù dei morti, sicuramente il silenzio è la virtù del vivente.

Il silenzio fa parte di ogni iniziazione filosofica, crescita esoterica, avvicinamento a religioni o culti, dove solo gli illuminati parlano. Il silenzio è simbologia teatrale e musicale, sempre momento di transizione verso il Giubilo.

“Il nostro Silenzio è sempre molto eloquente” come ha scritto Umberto Eco, ma il nostro Giubilo è assordante.
Mentre Rudolf Steiner aggiunge: “Al dialogo muto corrisponde un ascolto silenzioso, che è già di per sé una risposta gioiosa. Così anche la recitazione dovrebbe sempre condurre a un dialogo muto con gli uditori; e la lettura intima di testi poetici dovrebbe far dialogare con l'autore. Nell'embrione comincia già un dialogo, questa volta di natura organica. Il bambino nel ventre materno percepisce il battito del cuore di sua madre e risponde silenziosamente a modo suo, non è forse Gioia questa. Non è forse l’essenza del Giubilo?”
E se dopo il Silenzio si accede al Giubilo, possiamo pensare che esso è determinato dalla parola sì, ma anche da suono e quindi dalla musica.
La Musica é fondamentalmente suono e, proprio per questo motivo, é spostamento d’aria, ed é, quindi, vita. 
Amano dire gli Indù: 
«Se il filo d’erba si muove, significa che esso emette un suono: sta in noi percepirlo». 
Si potrebbe anche aggiungere che se non lo percepiamo, ciò significa che il nostro stato di consapevolezza non é ancora sufficientemente elevato per far vivere dentro di noi ciò che, solo apparentemente, vive senza di noi.

 «In principio, è lecito supporre, era il silenzio. Era silenzio perché non c’era moto alcuno e di conseguenza nessuna vibrazione poteva mettere l’aria in movimento, fenomeno questo di importanza fondamentale per la produzione del suono. La creazione del mondo, in qualunque modo sia avvenuta, deve essere stata accompagnata dal moto e pertanto dal suono. Forse è questa la ragione per cui la musica, presso i popoli primitivi, ha tale magica importanza da essere spesso connessa ai significati di vita e di morte. Proprio la sua storia, in ogni varia forma, insegna che la musica ha serbato il suo significato trascendentale». Riflettendo su questa affermazione, ci rendiamo subito conto di quanto l’ «elemento musicale», forse più di altre espressioni artistiche, avvolge lo spettatore nel mistero della creazione, in quanto esso è voce dell’Infinito “leopardiano” e linguaggio dell’Universo.

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